Ho parlato poco della dottoressa Maria Cantonetti, perché non appariva nella nostra quotidianità. Maria, come un Deus ex machina dell’antica Grecia, interveniva sempre al momento giusto, con una professionalità ed una passionalità veramente rare.

Non appena fu constatato il fallimento del trapianto, il suo tempismo e la sua intuizione furono determinanti nello spingerci ad andare a Houston.

Eravamo nel febbraio del ’98. Maria ti era sempre rimasta accanto, e nella sala operatoria del St. Luke Hospital aveva rassicurato l’equipe chirurgica che le dita arricciate dei tuoi piedi non erano un sintomo preoccupante, ma soltanto una tua curiosa caratteristica.

Tu avevi superato l’intervento al mediastino, a torce spalancato, con la solita disinvoltura. Appena il giorno dopo, eri già in piedi e camminavi, e rincuoravi tutti con i tuoi famosi sorrisi. Insomma, fisicamente eri il solito toro e, ciò che più conta, anche psicologicamente. Dunque, ci sentivamo pronti ad affrontare la chemioterapia che ti aspettava.

Ma ecco un’altra doccia fredda, dopo l’intervento, alla TAC di controllo, si scoprì un’altra localizzazione al rene sinistro. II tuo sgomento durò soltanto pochi minuti.

Maria ed il dottor Cabanillas ti assicuravano che i programmi non sarebbero cambiati, e tu ti consolavi sparandoti una bistecca texana con patatine.

Si ricominciava con la chemio. Qui a Houston eravamo assistiti amorosamente da Pieretta e da suo figlio Alessandro.