Nessuno ha mai capito come riuscissi a sopportare l’alternarsi di tante chemio con le operazioni, sempre rassicurando tutti con un sorriso, preoccupato per tutti quanti noi e dei nostri problemi, e mai di te stesso.
Festeggiavamo con un viaggio la conclusione di un ciclo di chemioterapia. E tu commentavi con ironia: “Per fortuna ci sono le chemio, altrimenti niente viaggi”. Oppure ci spiazzavi costringendoci a ridere con te per la boccia pelata.
E ci coinvolgevi nell’entusiasmo di vincere ai casinò di Montecarlo, Sanremo, Cannes, Venezia.
Avevi vinto giocando le date degli interventi chirurgici, delle TAC e dei pesanti cicli di terapia.
Cosi mi facevi vivere quei giorni di vacanza come un dono prezioso, perché ti ero indispensabile, e potevo starti accanto senza complessi di colpa.
Quante mamme possono andare ogni mese in viaggio con il figlio ventenne? Papà ci raggiungeva trafelato approfittando di ogni minima possibilità di tralasciare il suo lavoro. Anche lui non voleva perdere queste splendide occasioni di respirare la tua vita.
Noi tre: una forza esplosiva. Insieme, ognuno con il suo ruolo. Papà faceva la mamma, apprensivo, ansioso, coccolone. Tu eri lo svitOppo, con i tuoi scherzi, indefinibili ed irripetibili, le oppate. Ed io giocavo a fare la monella sotto gli occhi atterriti e critici di papà.
Forse tutto questo non ci spettava, nessun figlio a ventiquattro anni si diverte a passare le vacanze con i genitori. Ma noi abbiamo rubato al destino ore, giorni, settimane di gioia, le abbiamo accumulate avidamente come un tesoro che non riporremo mai nella soffitta della memoria.
Senza saperlo, abbiamo ricevuto il bene speciale della tua vita che vivrà con noi per sempre.
Tutto questo é accaduto.
Ma ora sono certa che tu “sapevi”.