Passavano i giorni e tu miracolosamente eri migliorato ed avevi interrotto la terapia intensiva.

Sembrava un evento inspiegabile, il tuo desiderio di vita era superiore alle previsioni dei medici di Pinocchio.

Seguirono due mesi di alti e bassi, mentre venivano attuati tutti i tentativi per combattere lo pseudomonas, questo terribile batterio.

Però di tornare a casa non se ne parlava.

Durante la nostra permanenza a Houston, Maria di Catanzaro era sempre riuscita a parlarci. Non era facile sapere i nostri numeri telefonici, che cambiavano continuamente spostandoci dalla casa di Pieretta all’ospedale, ma lei era sempre riuscita a raggiungerci superando anche l’ostacolo della lingua inglese. Ci manifestava il desiderio che la sentissimo vicina con tutto il suo affetto, e ogni volta ci raccomandava: “Siate pronti ad accettare la volontà di Dio”.

Ma io continuavo ad opporre la mia feroce resistenza. In quei giorni si concentrava tutta l’insopportabile sofferenza della tua malattia, mentre tu continuavi a tranquillizzarci, a proteggerci con il tuo sorriso. Mario ed io eravamo due mosche nel bicchiere, correvamo dai medici, telefonavamo a Roma, sempre implorando tutti i santi del paradiso.

“Signore – dicevo, pregavo – se Tu fai un miracolo, Ti conviene. Pensa a quanti miscredenti, scettici, atei, di fronte ad un prodigio del genere, sarebbero folgorati. E’ un’occasione che non puoi perdere, anche perché gli ingredienti giusti ci sono tutti.

Oppo che lotta come un leone, carico di fede, Mario che ha abbandonato da cinque mesi il suo lavoro pur di vedere guarito suo figlio. Gli amici, i cugini, gli zii, la dottoressa Cantonetti, Militina e Giulio che hanno lasciato la famiglia per starci accanto.

Pieretta ed Alessandro, i nostri amici di Houston, che hanno visto la loro casa messa a soqquadro da tutta questa folla, poiché non hanno permesso a nessuno di andare in albergo.

“Sono sicura che ne approfitterai per realizzare un vero miracolo”.